Avalon:
Storie di casi attraverso Storie di Fiori
Storie di casi attraverso Storie di Fiori
CERATO o Jazmin del Cielo
di Lelita Staffieri*
Da sette anni McEnna viveva sull’isola di Avalon. Era una sacerdotessa con una spiccata propensione all’insegnamento. A lei venivano affidate le novizie più talentate, che al tempo stesso erano anche le più problematiche. Perché il talento ama manifestarsi mettendo, sui cammini di chi li abita, ostacoli e prove a volte durissimi. Ostacoli e prove della vita e dei tumulti dell’anima. A volte, di entrambi. Come nel caso di Andres.
"Sono preoccupata per lei", disse McEnna alla sua consorella più giovane, Brennan.
"Osserva Andres. Il suo sguardo urla di sete di risposte, ma dubito che riuscirà a trovarle se lascia che l'ansia della ricerca la divori", aggiunse preoccupata.
"Ma... tu dici sempre che soltanto colui che cerca, trova", obbiettò confusa la giovane Brennan, che da un anno affiancava McEnna nell'insegnamento degli antichi misteri alle novizie. Come Andres.
"Vedi... Brennan cara, non è sempre così in realtà", le rispose la sacerdotessa anziana, che proseguì dicendo:
"Alcuni iniziati, addirittura, sono dotati di un innato talento, tanto che non hanno neanche bisogno di cercare per trovare! E' una spiccata sensibilità psichica che consente loro di prevenire all'ultima conoscenza delle cose, alle risposte orfane di domande. Intuizioni, messaggi, idee o indicazioni affiorano e fluiscono nelle loro menti come fossero pensieri sussurrati. La chiarezza che ne deriva a volte non è innescata dall'insistente formulazione di quesiti interiori. In pratica, non si arrovellano!"
"Vuoi dire che non conoscono il dubbio?! E che non si fanno domande?", le chiese stupita e sgomenta al tempo stesso Brennan.
"No, no! Ho detto a volte, piccola mia", si affrettò a precisare McEnna, cercando le parole giuste per essere certa di arrivare alla giovane assistente.
"Conoscono il dubbio, come tutti, ma è così transitorio! Non lasciano che cresca e affolli la mente, tutto qui".
"Non capisco!"
"Ascoltami bene. Il dubbio è il prodotto tre un qualcosa e il suo contrario, o semplicemente una sua altrnativa. Nessuno è immune al dubbio, purtroppo. E' umano. Le domande poi, grandi o piccole che siano, abitano chiunque. Ancor più chi intraprende il percorso della ricerca e della consapevolezza. La chiave sta nel silenzio, che genera a sua volta spazio. Più spazio nella mente!".
"Adesso mi è chiaro! Forse... intendi dire che quando la mente razionale tace si può udire la voce delle Guide, vero? Ma come si fa a distinguere con certezza la voce delle Guide da quella della propria mente?".
"Brennan, tu capisci, ma non comprendi. C'è una grande differenza, sai! In fondo è come la differenza tra udire e ascoltare, guardare e vedere", rispose McEnna, divertita dalla confusione che sempre più si delineava sul viso della sua assistente. Paziente come sempre, proseguì sperando di fugare una volta per tutte quella confusione.
"Tu parli della voce della mente, ma sii precisa, o finirai per confondere qualcun altro! La mente razionale e la mente intuitiva sono come facce della stessa medaglia, che è, e rimane una. La mente razionale parla il linguaggio dell'esperienza, del conosciuto. E' la sede del pensiero logico e rappresenta la personalità, il cosiddetto Sè. La mente intuitiva è in collegamento con l'inconscio, con le Guide, i Maestri, con la conoscenza universale cui attinge continuamente sotto forma di stimoli, associazioni, segni, sogni, visioni. E' questo il suo linguaggio, e puoi chiamarla anche Sè superiore. Essa si esprime anche attraverso le emozioni. Ascoltate davvero, discernere, diventa più facile se accoglie la varietà forme che connotano il suo linguaggio. Se formuli un pensiero, una domanda o prospetti una decisione tra due alternative, e ti consenti il tempo per ascoltare come ti senti a quell'idea piuttosto che a quell'altra, hai la certezza di attingere alla tua intelligenza superiore. Essa sa sempre cos'è meglio per te, anche a dispetto di ogni logica o convenzione. Quando hai un dubbio, fermati, smetti di accavallare pensieri uno sull'altro e ascolta. Ascolta il tuo corpo, come ti fa sentire immaginando uno scenario e come ti fa sentire il suo antagonista. Immagina e senti!".
A quelle parole Brennan reagì manifestando tutta la sua frustrazione, che se pur celata fino a quel momento, non era sfuggita alla sensibilità di McEnna.
“Mi sento così… sciocca! Tu sei preoccupata per Andres, ma io sono più confusa di lei! Proprio io che dovrei avere le risposte per guidare le novizie nel loro addestramento! Mi fanno tante domande, e si aspettano risposte e soluzioni certe. Da me! Io invece adesso non saprei come indicare loro né soluzioni né risposte, ma solo metodi, strumenti. Conosco solo tecniche! Ma non so mettere insieme ciò che da esse emerge. Altre volte non so decidere. Sembra che a me le risposte, le idee arrivino sempre a due a due, almeno!”.
McEnna aveva ascoltato con la mente e il cuore lo sfogo carico di dubbio della sua consorella. Con gli occhi chiusi ed un sorriso accennato sulle labbra, le rispose:
“Ti ringrazio, Brennan. Non immagini quanto tu mi sia stata utile. Dal tuo dubbio è nata una risposta per me. Una risposta che aspettavo da tempo. Come vedi, anche io a volte ho dei quesiti a cui né la mia conoscenza, né la mia esperienza o la mia intelligenza sanno fornire soluzione al momento in cui li formulo o autonomamente si manifestano in risposta ad una situazione, un evento, una richiesta altrui. Ascoltando, adesso io ho ricevuto. Voglio dirti ancora una cosa. La ricerca è una disposizione della mente, ma sarà tanto più efficace quanto più comporterà coinvolgere lo spirito. Assumerà allora le forme di un’autentica apertura, di uno stato di sospensione, di ricezione.”
“Ho capito! Come una radio! Stavi per dire che non c’è ricezione senza sintonizzazione, vero?”, chiese sollevata Brennan.
“Ah, brava! Mi imiti anche, adesso, eh?! Lo so che mi esprimo così! Lo vedo come ridete in classe, tu e le piccole impudenti!” Rispose divertita McEnna, che proseguì facendosi seria:
“Dicevo…. Apertura, sospensione, ricezione. Ovviamente questo atteggiamento della mente e dello spirito non devono esularvi dall’esercizio delle pratiche e delle tecniche che ben conosci!”, precisò con sguardo interrogativo la sua assistente, che sentendosi sotto esame, si affrettò a rispondere:
“Respirazione, meditazione, yoga, mandala, rune, e…..”
“Basta, basta così! Non c’è bisogno che mi elenchi tutte le tecniche di introspezione a te note!”, la interruppe McEnna, ormai intenta col suo sguardo a localizzare la giovane Andres. Quando finalmente la vide, con la fronte aggrottata, seduta all’ombra di un noce, indicandola disse a Brennan:
“E adesso piccola mia, so anche come aiutare la nostra anima in pena. E anche te! La nostra novizia ha bisogno di una piccola spinta. Va a chiamarla, manca poco. Al sorgere della Luna raggiungimi insieme a lei al giardino nei pressi della sorgente sacra. Il rituale che si celebrerà questa sera è il contesto perfetto. Rimanile accanto e fa che le altre novizie si dispongano in cerchio intorno a voi“, concluse McEnna congedandosi, completamente assorta nella sua visione, ma con un palese sorriso compiaciuto disegnato sulle labbra carnose.
Andres e le altre novizie si erano radunate intanto, nella grande sala dove si preparavano i monili e le tinture per le vesti rituali che quella sera avrebbero indossato. Tutte erano eccitate e fremevano d’anticipazione per la loro prima celebrazione della Luna Piena, da che erano state consacrate alla Dea. Brennan entrò nella grande sala. Il brusio delle voci concitate era simile al ronzio di uno sciame di api operose. Dal fondo della stanza circolare giungeva il riflesso della luce aranciata del sole calante.
La porta che dava sul portico fiorito era stata lasciata aperta da un manipolo di novizie che parlavano, complici, mentre distrattamente componevano gli ornamenti floreali che avrebbero adornato le proprie testoline. Al centro dello sparuto gruppetto, come un’ape regina, capeggiava la fulva chioma di Andres.
“Eccola lì” pensò tra sé Brennan, fermandosi a scrutare la novizia. Non poté fare a meno di sorridere con tenero affetto. Era uno spettacolo in sé. Con chiunque fosse, che parlasse o meno, aveva un magnetismo ed una luce particolari, cui nessuno era immune. Catalizzava sempre l’attenzione su di sé. Anche il suo modo di discorrere risaltava, sia con le altre novizie che con le sacerdotesse anziane ed i Maestri Druidi. La sua fame di conoscenza non si placava mai.
Curiosa, acuta, aveva una visione delle cose oltre l’ordinaria interpretazione. Aveva inoltre, un’abilità a volte fastidiosa tanto eccessiva era, per mettere in discussione tutto. Non per il gusto sterile di farlo, o per spirito di contraddizione, ma perché amava pesare tutto, guardare l’altra faccia.
Perché se una falla c’era andava trovata, ed il pensiero riformulato alla luce di quella debolezza.
Ecco, non amava debolezze. Il suo punto debole. La sua ossessione per la perfezione. Non lo faceva per fanatismo, piuttosto sembrava obbedire ad una auto espiazione. Non vedeva infatti i suoi meriti, né i progressi e le conquiste, soltanto i fallimenti, le debolezze, le imperfezioni. Questa censoria severità moriva nel suo perimetro. Con gli altri era invece indulgente, a volte ingenua nel privilegiare l’aspetto migliore delle persone.
Era comunque adorabile. Gioiosa e riservata, protagonista e regista. Una dualità continua.
Contraddizione o completezza, non importa. Lei era così. Eccessiva ed estrema in tutto. In questo periodo per esempio, era particolarmente inquieta. La sua bocca non taceva quasi mai. McEnna diceva che a far attenzione, si sarebbe potuto percepire il rumore dei pensieri turbinare nella sua mente. E diceva anche che questo non è bene.
Poco prima le aveva fatto osservare gli effetti del parlar tanto, dell’incessante formulazione di pensieri. Succede che così non ci si concede il tempo, lo spazio e i modi per ascoltare, e quindi per ricevere, insomma.
Proprio per questo si dice che la verità è dentro ognuno di noi. Bisogna lasciare che emerga. E per far questo, occorre anche silenzio, e attesa. Sospirando al riaffiorare di quelle considerazioni che toccavano molto anche le sue corde, Brennan si scosse dai suoi pensieri e si avviò verso Andres per comunicarle il messaggio di McEnna.
Brennan si avvicinò leggera al gruppetto di novizie intente a congetturare sullo svolgimento del rituale che le attendeva. Nessuna sapeva con certezza come si sarebbe svolto e per questo si erano date un gran da fare a chiedere alle novizie più grandi.
Soprattutto Andres, che aveva anche sottoposto ad interrogatorio gli allievi Druidi, consultato di nascosto gli archivi dei testi proibiti. In quel momento stavano incalzando Andres affinchè riferisse loro l’esito delle sue ricerche. A muoverle era la curiosità e il fascino che emette tutto ciò che è misterioso e proibito. Infatti, reagirono con semplici mugolii di delusione alla diversa reazione carica di sgomento e frustrazione che animava Andres per non essere riuscita a trovare nulla che svelasse cosa precisamente aspettasse loro di lì a poco. Tutto ciò che aveva trovato era scritto in una lingua antica che non conosceva. E questo, aveva amplificato l’ansia della ricerca di Andres, l’unica che si zittì, percependo alle sue spalle la presenza di Brennan.
“Sei qui per me?”, chiese voltandosi.
“Sì. McEnna desidera che al primo sorgere della Luna tu proceda con me lungo tutto il sentiero. Mentre voi dovrete seguirci, e arrivate alla sorgente, disporvi in cerchio intorno a noi. Andate, e indossate le vostre vesti. Date a me queste ghirlande di fiori. Ad ognuna di voi ne sarà assegnata una. Sarà McEnna a scegliere... credo”, rispose Brennan, rivelando di non essere a sua volta a conoscenza dell’esatto svolgimento del rituale.
Già, poiché la Sacerdotessa anziana decideva di volta in volta, mossa da chissà quali imperscrutabili motivazioni o intuizioni. In silenzio, tutte le novizie si dileguarono, dirette agli alloggi comuni.
“È il momento. Il sole è già tramontato. Eccola lì, la luna sta salendo. Com’è bella adesso, eterea eppur definita. Brennan è già qui fuori che mi aspetta. Vado. Dunque, voi sarete al nostro seguito”, disse Andres sospirando.
“Sia quel che deve essere. Siete pronte?”, chiese Andres uscendo, senza aspettar risposta, poiché quella domanda in realtà era rivolta a sé stessa.
Guardò Brennan negli occhi, con uno sguardo carico di solennità, che fu per entrambe un tacito accordo. Si volsero all’unisono, infatti, verso la luna, e intrapresero il sentiero a spirale che incideva la collina. Avrebbero dovuto camminare per circa mezz’ora, fino al limitare della radura boschiva che delimitava il grande lago. Lì le attendeva McEnna con le altre due sacerdotesse anziane. Le altre venti novizie si erano disposte altrettanto silenziosamente in file di due.
“Sembra una danza silenziosa”, pensò McEnna osservando l’incedere cadenzato e leggero delle ragazze.
Quando furono abbastanza vicine, levò le braccia al cielo, e tutte nello stesso istante si fermarono.
A quel cenno si disposero in cerchio intorno a Brennan e Andres. Con un unico cenno della mano chiamò accanto a sé Brennan, suscitando stupore per quella ulteriore variazione. La sua voce infranse quell’attimo di turbamento, imminente preludio di pensieri e domande.
“Tacitate le vostre menti. Ascoltate unicamente le voci del bosco. Assorbite il suono delle acque. Rivolgete il vostro sguardo alla Luna Piena. Essa si manifesta al culmine del suo ciclo di luce in questa notte limpida. Allo stesso modo, l’iniziazione che avete ricevuto deve essere completata. Fra tre ore avrà già inizio la sua fase calante, tempo entro cui deve compiersi la prova. Sarai soltanto tu Andres, a sostenerla oggi. È il tuo tempo. Ogni prova è individuale, basata sulle caratteristiche di ognuna e sul passaggio evolutivo che deve compiere. Tu, dovrai orientarti. Da sola. È questa la tua prova”, disse.
“Tutto qui?!”, pensò sollevata Andres, immediatamente smentita dalle parole della sacerdotessa, che sembrava aver letto il suo pensiero.
“Non è tutto, piccola. Niente che tu non possa riuscire a fare, comunque”, si affrettò ad aggiungere, rassicurandola. “O sperando di farlo. Conosci molto bene ogni palmo di questi luoghi, per gli addestramenti ricevuti e per la tua inclinazione raminga all’esplorazione solitaria e meditativa. Non credere che mi sia sfuggito il fatto che ne hai appreso anche i segreti dai nativi. Sai anche che quest’isola risponde a leggi proprie, leggi spaziotemporali che non seguono le leggi fisiche che regolano il resto della Terra. Il tempo può dilatarsi o contrarsi, i luoghi possono mutare, i sensi amplificarsi, gli spiriti di Natura comunicare nel linguaggio della mente umana, le forme di vita vegetale e minerale possono in qualche modo animarsi. Alle mie spalle c’è la sorgente del lago. Sai che ha forma circolare. Tu dovrai percorrere il suo perimetro, da Est verso Ovest, e tornare in questo stesso punto. Non potrai contare però, sulla tua vista fisica”.
“Sarò bendata? Ma sarò collegata telepaticamente con te, vero? Mi guiderai se dovessi averne bisogno?”, chiede un’ansiosa Andres interrompendola.
“Non ce ne sarà bisogno. Leverò le nebbie. E sì, sarò in contatto con te, ma non so dirti quanto dense le nebbie appariranno alla tua vista. Adesso va. Imponi alla tua mente di tacere e di farsi continuamente domande. Lascia che il silenzio e la fiducia facciano emergere la tua voce interiore di saggezza. Solo essa può realmente guidarti. È questa la tua prova, Andres. Ascoltare esclusivamente quella voce, pervenire alla certezza, alla conoscenza tramite la guida interiore. Se farai questo, saprai anche decidere scevra da ogni dubbio. Capirai quanto invece, sia differente decidere in base alle scelte prospettate dalla mente razionale, o dalle conoscenze altrui cui ricorri, anche quando hai già tutti gli elementi”, dichiarò ponendo fine alle spiegazioni, poiché voltandosi verso il lago si dispose a richiamare le nebbie.
Subito si formò una coltre spessa e mutevole che avviluppò dapprima le acque del lago, poi il limitare del bosco, fino a raggiungere i piedi di Andres. Le nebbie non sfioravano neanche le altre novizie. Non riusciva a vedere che lo sguardo traboccante di affetto e di supporto che Brennan le stava rivolgendo, e quello neutro di McEnna, immersa nella sua trance.
“Vai bambina, non temere. L’energia di realizzazione della Luna Piena ti sostiene”, le comunicò telepaticamente la sacerdotessa, porgendole una coppa di cristallo adamantino.
“Bevi. Assorbi il suo potere. Quest’acqua è stata esposta alla sua luce fin dal suo sorgere nel cielo. È stata così caricata del suo potere, che ti viene offerto. Sii grata e affidati ad essa totalmente”, aggiunse.
La novizia obbedì come in preda ad una condizione ipnotica. Bevve da quella coppa in cui si infrangeva ancora, amplificato e alterato, il bagliore della Luna, avvertendo una sensazione di stordimento e una vibrazione diffusa nel corpo come nell’aria circostante.
“Sono pronta. Accetto la prova”, rispose mentalmente.
Non lo era. Non ancora, almeno. Le proprie resistenze sono le vere prove da superare. Rappresentano lo schema, la dinamica reiterata, che si ripropone ostacolando il nuovo approccio necessario al cambiamento. E la partita si gioca tutta sul filo sottile di quell’attimo in cui si accetta con coraggio di adottare lo schema nuovo e di rompere con il vecchio. Andres infatti, cominciò subito ad affollare la mente richiamando alla memoria nozioni, tecniche e conoscenze che la aiutassero. E ad ingaggiare un dialogo con il suo alter ego, giacché con la sua guida interiore. “Devo orientarmi. Io conosco questo posto meglio di chiunque sull’isola. L’ho esplorato sotto la guida dei nativi e dei Druidi. Il terreno è differente sul lato Est, so riconoscerlo al passo. E poi ci sono fiori! Fiori differenti per ogni direzione. E in più c’è la Luna”, pensò rivolgendo lo sguardo al cielo per cercarla.
Con stupore e sgomento si rese conto di vederla ovunque guardasse. Avanzò di qualche passo in direzione di quello che credeva il suo Nord, poi verso l’Ovest e il Sud.
“Quattro Lune! Vedo quattro Lune, non è possibile! Il terreno… è uguale dappertutto!! Come faccio, adesso? McEnna lo aveva detto, qui tutto può cambiare. No, non le chiederò aiuto. Devo farcela da sola. Calma!”, disse incoraggiandosi.
“Devo procedere da Est a Ovest. Dov’è l’Est adesso??! Devo fare silenzio, smettere incessantemente di incalzarmi, devo darmi il tempo della risposta, ascoltare… così ha detto”. Pensò e tacque, per un lungo minuto.
“Le risposte emergono!”, pensò con sarcasmo, e con questo tono aggiunse. “Quando? Non mi affiora nulla né alla coscienza né alla mente! Ho soltanto tre ore al massimo, io, non l’eternità! Devo muovermi. So che verso Est sicuramente ci sono fiori profumati”, si disse focalizzando la sua consapevolezza sull’olfatto, inalando lentamente l’aria circostante, come un lupo annusa il suo territorio.
“Lo sento… Ci sono! Un profumo intenso di fiori proviene dalla mia sinistra! Ho capito! Le direzioni sono invertite. Dovevo arrivarci, che stupida a non pensarci prima, è un trabocchetto!”, e verso l’Ovest si addentrò nel bosco ovattato di nebbia con ritrovato entusiasmo e fiducia in sé stessa.
Fiducia minata dopo aver fatto pochi metri, quando si arrestò giusto un attimo come in risposta ad un comando che le indicava istintivamente di procedere invece, verso la sua destra, a dispetto della sua scelta basata su logiche elucubrazioni.
“Non ha senso”, pensò non troppo convinta, scuotendo la testa.
“Ecco le mie solite incertezze. Mi scatta sempre qualcosa che mi fa fermare e mi confonde. E alla fine, nel dubbio vado in stallo. Non permetterò che accada stanotte! E poi, non può neanche essere un segno della mia Guida interiore, non ho sentita alcuna voce! So che esiste, me ne ricordo anche, ma forse non comunica più con me”, si disse con rinnovato sarcasmo, e continuò ad avanzare verso la direzione intrapresa.
La nebbia si diradava per brevi istanti per tornare subito dopo a muoversi densa, confondendo i passi e le forme che incontrava, visibili solo nelle immediate prossimità. Andres prestava attenzione continua al suono silenzioso dell’acqua, perché fosse sempre alla sua destra. Era addestrata, e sapeva alterare le sue percezioni ed i suoi sensi, fondendosi in comunione con gli elementi. Se non ci fosse stata quella nebbia così fitta avrebbe anche potuto percepire la direzione dell’umidità dell’acqua ad occhi chiusi. Si aggrappò a questa unica certezza. Si disse che adesso avrebbe dovuto iniziare un ampio tratto in discesa e sentire odore di gelsomini. Il terreno lì è privo di massi e non ci sono alberi, ma arbusti radi e giovani. Avrebbe potuto anche aumentare l’andatura. Ormai, stava camminando da non più di un’ora, calcolò.
“Di questo passo arriverò anche in anticipo!”, pensò sorridendo compiaciuta. Sorriso che si tramutò in un grido soffocato di dolore e spavento, provocato dall’impatto contro un cespuglio che l’avviluppò facendola incespicare fino a caderci dentro.
Tra un’imprecazione e l’altra ebbe la lucidità di cogliere tutti gli elementi per decifrare dove fosse e cosa fosse accaduto. Dal solletico sul volto capì che la sua faccia era atterrata tra un cespuglio fiorito, e che i fiori erano disposti in grappolo. Inoltre, ne erano rimasti attaccati alcuni, ancora chiusi e un po’ appiccicosi, tra i suoi capelli e addirittura in bocca. E quei fiori, non erano affatto profumati, ma tremendamente neutri. Non appena li vide nella sua mente riconoscendoli, le nebbie pulsarono diradandosi gradualmente per svelarli anche alla sua vista fisica.
“Fiori di Cerato”, disse a voce alta, e la sua consapevolezza emerse, chiara e certa come da tanto, tanto tempo non accadeva. Proruppe in un pianto di arresa, di commozione e sì, di gratitudine. E vi si abbandonò con l’intensità di un argine rotto da acque potenti. Pianse, inginocchiata, con grappoli di fiori premuti contro gli occhi, intrisi di lacrime numinose. Bevve quelle sue stesse lacrime, singhiozzando, e la udì distintamente risuonare nella sua mente.
“Sono conosciuta con molti nomi e in molte lingue. Alcuni mi chiamano Ceratostigma Willmottiamun, altri Piombaggine o Plumbago. Altri ancora Jazmin del cielo. Tu chiamami semplicemente Cerato. Le mie origini su questo pianeta appartengono al Tibet, poi qualcuno mi ha portata anche in queste terre. Ti sei persa in queste terre e in queste nebbie. Credevi questo soltanto poco fa. Adesso, dimmi, conosci la verità, piccola Sacerdotessa della Luna?”, le chiese l’essenza devica del fiore.
“Sì. Adesso ne sono certa. Le terre che conoscevo sono mutate per rappresentarmi il mio affidamento esclusivo alla conoscenza nozionistica. Le nebbie mi hanno celato la vista per consentirmi di vedere con gi altri sensi. Mi ha dato tanto questa bruma. Mi ha mostrato un’altra percezione: il sentire. Ho sentito, e adesso io so che l’istinto di fermarmi e seguire la direzione che ho sentito di prendere invece di quella che ho pensato di prendere era quella giusta. La nebbia è stata la rappresentazione del mio offuscamento mentale, alimentato dal pensiero, padre del dubbio. È stato come se mi fossi disconnessa da una parte di me. E quando ho chiesto aiuto, le parole ricevute non mi hanno convinta, non mi sono arrivate. Anziché cercare il mio senso, lasciare che affiorasse, l’ho cercato e ricercato ossessivamente in qualunque altrui fonte. Senza rivolgermi alla mia fonte”, rispose Andres colma di consapevolezza sua propria.
“Portami con te. Io mi dono a te. Avrai ancora bisogno della mia essenza per un po’ di tempo. Ti aiuterò a ristabilire la connessione con la tua guida interiore, finché la certezza di orientamento e giudizio scaturisca definitivamente dal tuo centro. Farò questo, con l’aiuto di quei fiori bianchi che hai ignorato, presa dai tuoi pensieri ossessivi. Guarda come sono belli, compongono la ghirlanda che ti cingeva il capo, e che hai calpestato cadendo. Ne è rimasto uno tra i capelli. Si chiama Marronier Blanc, ai più noto come White Chestnut, il fiore del Castagno d’India. Adesso va. Null’altro v’è da dire”, e così dicendo, la sua voce scomparve lasciando una pacificata Andres ancora inginocchiata con un grappolo di fiori viola/blu di Cerato e un voluminoso stelo di White Chestnut nei capelli, tra capo e collo.
Si tirò su provando un leggero stordimento e avvertì la nota vibrazione nell’aria frutto di un cambiamento di stato o di dimensione. La nebbia era scomparsa, svelando un cielo blu ormai stellato. Sentì i tamburi cerimoniali far tremare le viscere della terra e propagarsi alle sue viscere.
Vide distintamente il cerchio formato dalle sue consorelle. Cercò Brennan con lo sguardo e la trovò con le braccia levate alla Luna, intrecciate a quelle della sacerdotessa anziana.
McEnna si sciolse da quell’ermetico intreccio e la guardò penetrandole la mente. Andres non chiese nulla, stavolta. Sentì che quello tra Brennan e McEnna era un legame stabilito per supportarla. Ne avvertì la forza, e la commozione si tramutò in gratitudine. Non era mai stata sola. Lo sapeva, o meglio, lo sentiva.
“Ho temuto per te. Sono felice che tu ti sia ritrovata. Non importa quanto tempo sia trascorso. Il tempo non conta. Tu sei una Sacerdotessa della Luna, per me, adesso. Imparerai, avanzerai, cadrai e ti rialzerai. È inevitabile e naturale. Sii indulgente con te stessa. Vieni alla mia destra, Andres. Brennan ti precederà. Ora possiamo celebrare la Luna Piena secondo gli antichi misteri”, concluse McEnna con solennità.
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Fonte foto: www.kulak.ac.be
Articolo di Lelita Staffieri inserito nel Marzo 2011
nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
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