Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz

Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz
Nella divinità del mondo
troverò me stesso
in essa io riposo
risplende la divinità dell'anima mia
nel puro amore per tutti gli esseri,
risplende la divinità del mondo
nei puri raggi della luce.
-R.Steiner-

lunedì 29 agosto 2011

Meditazione della Luna Nuova!


- La Danza della Luna Nuova -
"Meditazione lunare"
tratta dal libro di Barbara Coffani
"La Danza della Luna"



La luna nuova o nera ha un significato ambivalente. Poiché manca nel cielo, ma solo temporaneamente, poiché in essa coincidono la fine di un ciclo e l’inizio di un altro, poiché c’è senza mostrarsi e si mostra nascosta, essa è al tempo stesso la luna della fine ma anche dell’origine. Essa rappresenta ciò che non c’è più, ciò che è finito, la conclusione di un processo, in una parola simboleggia la Morte fisica e metaforica, ed è collegata alla stagione dell’inverno.
Nella nostra società è raro assistere alla morte fisica reale. E’ un evento medicalizzato: i malati terminali, i vecchi in fin di vita, le persone in coma sono ricoverate in ospedale e muoiono lontane dalla famiglia, a volte purtroppo da sole. Assistiamo quasi esclusivamente a scene di morte fisica virtuali: siamo abituati alla televisione e la morte documentata nei telegiornali ci fa lo stesso effetto di quella fittizia in un film.
Era diverso nelle nostre campagne, fino a non molti anni fa. Quando ero bambina i vecchi non andavano nelle case di riposo, ma restavano in casa accuditi dai familiari, e spesso morivano nel loro letto. I funerali partivano dalle case private: la camera ardente veniva allestita in sala, i familiari e gli amici vegliavano la salma. I genitori e spesso i nonni, spiegavano con naturalezza e semplicità ciò che era accaduto, mentre oggi si tende ad evitare di parlare di morte ad un bambino. Ricordo che una volta, nel corso di una conversazione con un conoscente, avendo appreso che un tale era morto mia nonna commentò:
“Meglio, poveretto, meglio”. Io dissi “Come sei cattiva, nonna. Perché sei contenta che sia morto?” E lei, con molta calma, mi spiegò: “Perché era molto malato, stava male, e ora ha smesso di soffrire”. Così va vista la Morte, così non fa paura. Non va considerata fine ma soluzione: sia in concreto che metaforicamente, morte significa soluzione, passaggio ad altra situazione, magari preludio alla possibilità di cambiare in meglio.
Morire, sia fisicamente che simbolicamente, è difficile, duro e penoso, come venire al mondo, come ogni passaggio. La colpa di tale difficoltà è nostra: siamo molto legati alla nostra situazione presente, crediamo sia tutto ciò che abbiamo, vi attribuiamo un’importanza maggiore di quanto abbia in realtà, e abbandonarla ci sembra un evento catastrofico che definiamo appunto “la fine”. Mettendoci in quest’ottica compiamo due errori. In primo luogo confondiamo l’emozione con ciò che la provoca; confondiamo la paura di lasciar andare, la paura del cambiamento, la paura della morte con la morte stessa, forse perché essendo intimamente coinvolti non riusciamo ad essere obiettivi.
In realtà la morte non ha niente a che vedere con la nostra paura. Essa non coincide con l’emozione che suscita – la paura - ma con l’azione che è - il passaggio o il cambiamento o la morte fisica reale, ed è lo strumento che ci consente di andare oltre. In secondo luogo ci autolimitiamo: noi non siamo solo ciò che siamo hic et nunc né ciò che abbiamo ora, il lavoro, la casa, il partner ecc. Possiamo essere tutt’altro, e chissà cosa potremmo essere in futuro. Aggrappandoci con ostinazione alla situazione presente non pensiamo che può anche capitarci di meglio.
La chiave di volta del passaggio è l’accettazione di un’assenza momentanea di certezze durante la quale saremo in balia del caos: passare implica che abbandoniamo ciò a cui siamo legati e abituati, e che accettiamo un periodo senza chiarezza, senza riferimenti; probabilmente anche di stasi, di immobilità, di impossibilità di agire, senza scopo apparente
.
Questo vuole dirci la luna nera: essa si annulla, si oscura per poter tornare a risplendere.
E’ una luna velata, la sua assenza è soltanto apparente, contiene in sé il germe della luna futura. Anche noi accettiamo di fermarci per un po’ al buio. Evitiamo di pensare e di agitarci, riposiamoci, stiamo in attesa, stiamo a vedere cosa accade: gli eventi sanno già come andare, le situazioni si risolvono da sole, le cose vanno a posto senza il nostro nevrotico intervento.

“Passare” e “andare oltre” sono sinonimi, ma sono anche l’uno causa dell’altro: infatti per “andare oltre” bisogna “passare”.
Per crescere, la luna deve prima morire. Nel Vangelo si dice che il seme deve marcire nella terra per germogliare, e lo stesso
Gesù rimase tre giorni nell’Aldilà prima di riapparire. Perché venga la primavera deve passare l’inverno. Ecco perché la luna nera è detta anche luna nuova e luna dell’origine.
Sotto questo aspetto mi sembra splendidamente rappresentata dalla donna velata. La donna velata è una vecchia amica, un’habituée dei nostri sogni e della nostra realtà, e prima o poi tutti dobbiamo fare i conti con lei.

Qualche anno fa ho fatto questi sogni “a puntate”.
La prima volta ho sognato di trovarmi in una casa che esiste realmente: essa confinava con quella dove sono nata ed era abitata da una coppia di anziani che andavo spesso a trovare da bambina, e che ora sono morti . Nel sogno entravo in cucina, vedevo la tavola apparecchiata e le sedie scostate, sapevo che i proprietari avevano appena terminato il pranzo ed erano usciti, e che sarebbero tornati di lì a poco. Nonostante nella realtà frequentassi spesso quel luogo, nel sogno non mi sentivo a mio agio perché mi trovavo in casa di qualcuno durante la sua assenza.
Poi sorgeva un senso di angoscia: forse i proprietari non sarebbero tornati affatto, forse erano morti. Improvvisamente sentivo dei passi al piano di sopra, venivo assalita dal panico e fuggivo. Mi svegliavo sudata e turbata, col batticuore.
La seconda volta ripetevo il sogno, ma c’era mia madre con me e quando sentivo i passi al piano di sopra e volevo scappare ella mi tratteneva: mi diceva
Aspetta un momento, aspetta un momento”. Io avevo paura, e non capivo perché mi trattenesse e mi costringesse a sopportare qualcosa che mi spaventava così tanto. I passi si facevano più vicini e scendevano le scale, ed io scappavo fuori, e mi svegliavo. A questo punto ero così turbata che per un certo periodo avevo perfino paura di addormentarmi da sola. Sapevo chi stava scendendo da quelle scale, e ne ero terrorizzata. La terza volta mia madre riusciva a trattenermi e mi costringeva a guardare chi scendeva dalle scale: era una giovane donna della mia età, simile a me, interamente coperta di veli bianchi dalla testa ai piedi. L’apparizione era assolutamente innocua: non era né brutta, né spaventosa, né minacciosa o malintenzionata, non parlava né faceva nulla; quasi mi somigliava, anzi a dire la verità ero proprio io. Era il fatto di doverla affrontare, di doverla vedere, di doverla guardare che mi sconvolgeva, e un attimo prima che comparisse credevo che avrei fatto un infarto per la paura. Ho chiesto un’interpretazione di questo sogno. Mi hanno detto che quella donna è il fantasma di una mia vita precedente che vive in quella casa perché lì è accaduto qualcosa che mi ha fatto stare male. E’ senz’altro un’interpretazione suggestiva, però credo esista una lettura più semplice. Mi lasciava perplessa il ruolo di mia madre nel sogno: non capivo perché fosse così sadica da costringermi ad avere paura, e nel contempo avevo fiducia in lei e capivo che non mi avrebbe mai obbligata a fare qualcosa che mi potesse danneggiare. Perché mi diceva Aspetta, aspetta ancora un momento”? Io volevo scappare e lei mi tratteneva. Mi obbligava a fare ciò che non volevo, ma cos’è che non volevo fare? Non volevo guardare, non volevo vedere. Mi sono resa conto che la radice del mio terrore non era in ciò che avrebbe potuto farmi la donna velata, ma nell’azione del vederla. A questo punto ho fatto un’equazione: la donna velata è il mio problema, quindi la paura di affrontarla è la paura di affrontare il mio problema.

La donna velata è simbolo di qualunque cosa ci spaventi o ci preoccupi. Non è cattiva, non ci vuole fare del male; i suoi veli ci spaventano perché sembra che nascondano chissà che mostro, ma siamo noi a metterglieli, perché siamo noi a non volerla vedere.
Se però ci poniamo nell’ottica in cui ciò il nostro incubo in realtà vuole insegnarci qualcosa, possiamo capire cosa vuole dirci se comunichiamo con l’incubo. Non possiamo ignorare ciò che ci turba. Se abbiamo un problema e fingiamo di non averlo, se ci ostiniamo ad ignorarlo, esso lungi dallo scomparire rimane tragicamente lì col fiato sul nostro collo, a perseguitarci, e molto probabilmente salterà fuori ingigantito proprio nel momento meno opportuno. Se ci siamo resi conto che quel problema esiste, dobbiamo semplicemente prenderne atto. Dobbiamo ammettere la sua esistenza, “riconoscerlo”, perché solo così possiamo anche “conoscerlo” e capire come risolverlo. La donna velata dunque è un vero e proprio maestro: essa ha non solo lo scopo di insegnarci qualcosa attraverso le nostre paure, ma anche di spingerci ad affrontare i nostri problemi. Tramite questo simbolo allora la luna nuova acquisisce la sua più importante valenza, divenendo la luna dell’insegnamento profondo. Ci fa capire cosa siamo, e ci insegna ad accettarci. Se nella fase precedente lavoravamo sulle nostre esperienze, ora siamo già oltre e lavoriamo su noi stessi. Siamo completamente inerti, immobili, ripiegati su di noi, involti, rivolti al nostro interno, come se fosse giunta la morte o fossimo ancora allo stadio fetale: non agiamo più noi fisicamente ma agisce la nostra anima, che lavora per astrarre, per sintetizzare tutto il passato al fine di produrne conoscenza.



Meditazioni

Esercizio n. 1 – Il cane
Molto probabilmente dalle finestre dei nostri appartamenti di città le stelle non si vedono, e forse, visto il clima pazzo degli ultimi anni e l’inquinamento atmosferico, nemmeno dalle finestre delle case di campagna si riesce più a vedere molto, ma una cosa è certa: la luna, quando c’è, si vede. E manca nel cielo ormai da tre giorni. Ecco il momento giusto per eseguire questo esercizio.

Sdraiatevi a terra in posizione supina, imitando la posizione di un cane a cuccia: tenete le gambe leggermente divaricate, le braccia piegate, gli avambracci vicini al petto e le mani vicine al viso, ai lati del naso.
Rilassatevi e respirate tranquillamente; il respiro rimbalza sulle mani, dunque potete controllarlo molto facilmente: seguitelo, concentratevi su di esso, non pensate ad altro.
Di tanto in tanto alzate lo sguardo, se occorre alzate il capo, per guardare il cielo: la luna non c’è ancora, ma verrà …
Socchiudete gli occhi, e fissate un punto basso vicino al vostro naso, così come accade quando si è assorti, come il cane a cuccia mentre sonnecchia.
Siete perfettamente rilassati, perfettamente a vostro agio. Non siete assenti, non siete estraniati: anzi, lo stato di totale rilassamento vi permette di essere completamente dentro alle cose, molto presenti, e tutti i vostri sensi sono dilatati e amplificati…
Fissare il punto basso vicino al vostro naso vi evita distrazioni visive, dando potere all’udito e all’olfatto…
Annusate l’aria…Ascoltate ogni rumore…Sentite come si amplifica, se rinunciate al potere ingannatore della vista…
State aspettando, aspettando che torni la luna con la sua luce…
State aspettando degli sviluppi, dei cambiamenti, delle novità…
Siate fiduciosi: i momenti di attesa servono a rigenerarci, a recuperare le forze, ci preparano all’azione che verrà…
Non ha senso opporsi al flusso degli eventi… Essi sono perfettamente concatenati, non occorre un nostro intervento per risolvere una situazione negativa…
La soluzione giungerà da sé, naturalmente, morbidamente…senza alcuno sforzo…
State tranquilli, accettate l’attesa, e trasformatela in un tempo per voi, per stare con voi stessi, senza nessun’altra finalità che il farvi compagnia e il riposarvi…
Abbandonatevi alla calma della notte…E’ nella notte che fluttuano i consigli, le soluzioni, le idee…Così come è nella notte che nascono i bambini…Lasciate da parte ogni pensiero, lasciate emergere la soluzione che fluttua nella notte del vostro inconscio…
Godetevi per un po’ la pace e la calma di questa notte, poi iniziate a stirarvi (da quanto tempo non lo fate più?), mettetevi a sedere, guardatevi attorno, e riprendete consapevolezza del luogo dove vi trovate.

L’ideale sarebbe svolgere questo esercizio prima di andare a dormire. Molto probabilmente, col mattino successivo o con la luna piena arriverà la soluzione che cercate.
Variante
Potete svolgere quest’esercizio anche solamente per recuperare le forze, senza necessariamente prepararvi ad una azione.



Esercizio n. 2 – L’incontro
Concentratevi sul problema che vi assilla, o su ciò che vi è “ostile”, “nemico” e immaginatelo come una donna interamente coperta di veli bianchi, come la luna che non c’è...
Respirate con calma, poi immaginate di camminare verso questa donna: lei vi guarda, immobile, attraverso i suoi veli…
Parlate con garbo, lentamente, e chiedetele “
Chi sei?
Immaginate che vi risponda con il nome del vostro problema, ad esempio
Sono la tua preoccupazione per il lavoro

Chiedete:
Cosa sei venuta ad insegnarmi? Perché io so che tu sei qui per insegnarmi qualcosa, e ho paura di te, ma non ne avrò più quando ti avrò conosciuta…
Pensate che la dea velata è parte di noi, la parte di noi che non vogliamo riconoscere, e ci fa soffrire perché lotta per emergere e farsi accettare…
Essa è ciò che sappiamo già ma non siamo capaci di ammettere…
Tendetele la mano, chiedetele di condurvi alla soluzione, chiedetele di farsi conoscere, ditele che siete disposti ad accettarla, ad accoglierla...
Parlatele con dolcezza, parlatevi con dolcezza… Accarezzatela, se credete, ma non tentate di sollevare i suoi veli…né chiedetele di farlo…lei è fatta così, esiste solo con quei veli, essi sono parte di lei, sono la sua essenza…
Non forzatela: siate calmi, pacati, perché ha bisogno di molta dolcezza…
Anche se non dovesse rispondervi, ringraziatela, e chiedetele il permesso di congedarvi, e quando sentite che potete farlo, aprite gli occhi e riprendete contatto con l’ambiente circostante.
E’ utile frequentare la dea velata e abituarsi alla sua presenza. Ella fa parte di noi: perché ostinarsi a non riconoscerlo?




Funzioni
Esercizi di questo tipo ci abituano a non irrigidirci, a non arroccarci su posizioni da cui non trarremmo alcun vantaggio. Piuttosto privilegiamo la morbidezza, l’accettazione, e se proprio non ci sentiamo pronti per incontrare ed accogliere ciò che ci disturba, quanto meno non ostiniamoci a combatterlo, ma fermiamoci a riposare e a recuperare le forze.





Credits to:
Testo originale di Barbara Coffani per http://www.ilcerchiodellaluna.it 2006
Inserito nel sito
www.ilcerchiodellaluna.it il 23 gennaio 2006



© il testo è dal luglio 2009 edito con altri di Barbara Pollettini
in un volume ed acquistabile via web:
titolo:
"La Danza della Luna"
pubblicato con
www.ilmiolibro.it

Bibliografia:Miranda Gray, "Luna Rossa". Macro Edizioni
Marija Gimbutas,
"Il linguaggio della Dea", Longanesi & C.




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