Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz

Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz
Nella divinità del mondo
troverò me stesso
in essa io riposo
risplende la divinità dell'anima mia
nel puro amore per tutti gli esseri,
risplende la divinità del mondo
nei puri raggi della luce.
-R.Steiner-

sabato 19 settembre 2015

Antropologia: Le Grandi Madri (il matriarcato)


Frida Kahlo - L'amoroso abbraccio dell'universo, 1949



L'antico ruolo sociale, religioso e politico delle donne-matriarche è stato completamente offuscato e rimosso dalla nostra memoria collettiva.
Il pensiero comune ritiene che nella storia dell’umanità il ‘secondo sesso’ – per usare un’espressione della Beauvoir – abbia assunto un ruolo minore, ma non si considera che il patriarcato è presente circa da seimila anni, mentre il matriarcato era già esistente fin da ventimila anni prima del Neolitico.

La parola “arché“, nel suo significato più antico, non significa “dominio” ma “inizio”: dunque la parola “matriarcato” vuol dire “all’inizio le madri” con riferimento sia al dato biologico, sia al fatto che la civiltà ebbe inizio con loro.
Nella nostra contemporaneità, le forze prevalenti sono, che dir si voglia, quelle maschili. La nostra è una società di tipo patriarcale, patrilineare, fondata sulla lotta di potere e su di una cultura di stampo capitalista, fondamentalmente atea e razionalista.

Tuttavia, resistono ancora realtà matriarcali differenti come i Moso della Cina sudoccidentale e le tribù irochesi nel nord America, in cui la linea di discendenza proviene dalla madre ed alle donne spetta il ruolo non di governanti, ma di quelle che io definirei ‘mediatrici sociali’.
Esse infatti, come afferma Heide Goettner-Abendroth in un’intervista, non si pongono in alto ma ‘al centro’, quasi a rapprensentare una sorta di punto radiante e di riferimento per la comunità. Dunque è sbagliato considerare le società matriarcali in forma speculare a quelle patriarcali, in quanto le prime non sono costruite secondo una struttura gerarchica e di potere.
La società matriarcale si fonda sui principi di ‘condivisione’, ‘dono’ e ‘cura’, valori che oggi sembrano essere dimenticati, ma che in realtà andrebbero recuperati e riadattati alla nostra realtà sociale. In queste società è presente una reale parità di genere, un’economia egalitaria e bilanciata; la politica è basata sulla formula del consenso,  sul rispetto dell’ambiente e non sulla sua distruzione e sfruttamento.

Quello che mi preme sottolineare, è anche l’importanza che queste culture attribuiscono alla spiritualità, la quale permea ogni settore della vita, e della quale le donne si fanno (ancora) mediatrici e rappresentanti.

Tuttavia, la storia del matriarcato è stata una storia di conquista e sottomissione.

Si ipotizza che verso il XII secolo a.C sia avvenuta la distruzione e la colonizzazione delle antiche società matriarcali del sud continente asiatico ed europeo da parte delle popolazioni nomadiche dell’Europa centrale.

Dunque si impone un modello di società diverso: quello patriarcale, un'organizzazione familiare e sociale fondata sull’autorità assoluta del padre e sulla discendenza dei diritti e dei beni secondo la linea maschile.

Così il ruolo focale della donna è andato sempre di più marginalizzandosi. A livello religioso-cultuale, ad esempio, essa ha perduto il suo ruolo centrale. La sacralità della donna risiedeva nella sua condizione di medianità tra la vita e la morte, il terreno e il divino; ma soprattutto nel riconoscimento del suo ruolo di entità creatrice.
Questo suo potere di generare vita, questa sua sapienza innata del corpo, le dava il pieno diritto di essere considerata rappresentante e incarnazione terrena della ‘Grande Madre’, ovvero colei che è creatrice e legislatrice dell’universo: come Inanna per i sumeri, Ishtar per i babilonesi, Cibele per la civiltà anatolica o la Dea dei serpenti cretese.


Ishtar


Inizialmente, il sacerdozio femminile era l’unico esistente (nel caso di partecipazione da parte degli uomini, essi dovevano assumere sembianze femminili attraverso la castrazione e la vestizione); poi nel periodo di transizione tra società matrifocali e quelle patriarcali, la legittimazione del governo era  gestita dalla Sacerdotessa che unendosi ad un eletto re in un rituale sacro ( lo ‘ieros gamos’) gli donava parte del suo potere e la possibilità di reggere per un anno le questioni temporali. Infine, attraverso un lungo processo di rovesciamento, di guerre ‘di miti e di spade’, l’uomo assunse su di sé tutte le funzioni che prima spettavano alle donne.

Inoltre, è avvenuto quello che Jung chiama ‘l’interessante rovesciamento biologico’ in cui le religioni storiche e monoteiste hanno rovesciato il principio della creazione dal femminile al maschile, dal basso all’alto (e dall’interno all’esterno); sostituendo la generazione feconda dalla materia, dall’utero della Grande Madre , alla generazione sterile, incorporea, mossa dal pensiero di un Dio Padre dagli attributi esclusivamente maschili. Così cambia la concezione del ‘sacro’ e nascono le religioni storiche, così lo Spirito si astrae e diventa un Principio, allontanandosi dal suo luogo d’origine , dalla Madre e da ciò che in origine era la sua incarnazione vivente: l’intero creato, tutti gli esseri e le piante.

Tornando all’archetipo della Grande Madre, Erich Neumann nel suo studio La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’inconscio, afferma che esso viene associato allo schema ‘corpo-vaso-donna’, per indicare al tempo stesso la sua capacità di contenere e creare il mondo, di portare alla luce ma anche di celare il tutto.

La Grande Madre è associata anche all’immagine dell’Uroboro, il serpente cosmico, dunque al ciclo trasformativo della vita e della morte; ma anche a tutto ciò che è ‘numinoso’, che suscita terrore e meraviglia al contempo. Essa è l’immagine del mistero della nascita e del Cosmo. La Grande Madre è anche simbolo di fertilità, di colei che accoglie e nutre: è proprio su questo archetipo che sono fondate la società matriarcali.

L’iconografia maggiormente conosciuta di questo archetipo è quella della Venere di Willendorf, una statuetta paleolitca rinvenuta nel 1908 dall’archeologo Josef Szombathy, in Austria. Un’ altra raffigurazione emblematica è quella della ‘Dea dei serpenti’, divinità femminile cretese per eccellenza venerata da almeno il 3000 a.C. fino al 1200 a.C.

In aggiunta, credo sia importante sottolineare che leggendo gli antichi inni alle Dee Madri, si evince che esse non sono solo figure materne dal grembo fecondo, non sono legate esclusivamente alla terra, ma anche al cielo; esse sono anche legislatrici di vita, coloro che conducono fuori dal caos primogenio attraverso l’equilibrio e l’armonia. In un inno a Ishtar si legge: “Colei che guida l’umanità, Colei che possiede la legge e la sovranità celeste” (caratteristica, questa, che sarà esclusiva prerogativa del Dio Padre).

Per chiarificare questi concetti, credo sia utile riportare quanto scrive Luciana Percovich nel suo libro Oscure madri splendenti (Venexia, 2007) in merito alla distinzione tra sacro (femminile) e divino (maschile):

"La nozione di “sacro” nasce collegata al corpo femminile e alla conoscenza interiore, intima; designa la soglia tra umano e sovraumano, tra vita e morte, tra niente e vita, è legata al concetto di Sofia, sapere spirituale ma collegato all'esperienza, che passa attraverso la compessità delle azioni del corpo e l’attivazione di energie più sottili di quelle della mente.Quella di “divino” sorge in presenza di un corpo maschile, successivamente al furto delle funzioni connesse al sacro; dalla percezione di una separazione (del figlio dalla madre, della mente dalla materia) e dalla razionalizzazione di una mancanza (la capacità di generare direttamente); è sempre connessa a personificazioni gerarchiche e con vicende umane e storiche di eroi o semidei; filosoficamente si concettualizza come logos in tutte le -logie, connotate dall'essere sapere intellettualmente astratto.

La spiritualità basata sul sacro si trasforma in regime di patriarcato in teologia, che è “teologia della separazione”, discorso sul divino, interrotto qua e là dalle irruzioni del rimosso in forma di ‘misticismo’."

Credo che rimanga poco da aggiungere: simbolo della vita come della morte, della creazione e della distruzione, della maternità e della verginità, del cielo e della terra, della legge e della ribellione, la Grande Madre possiede la capacità di contenere in sé gli opposti, unficandoli ed esprimendoli nella loro massima potenza.




Credits to:
"Introduzione al matriarcato" di Jennifer Poli
Pubblicato il 7 settembre 2015 da NUOVE FINZIONI




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