Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz

Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz
Nella divinità del mondo
troverò me stesso
in essa io riposo
risplende la divinità dell'anima mia
nel puro amore per tutti gli esseri,
risplende la divinità del mondo
nei puri raggi della luce.
-R.Steiner-

venerdì 10 giugno 2011

Ildegarda di Bingen: tra Sapienza Mistica e Arte Visionaria.



Ildegarda che fu unica, irripetibile, profetessa e musicista (probabilmente la prima donna musicista della storia cristiana), mistica e donna di potere, visionaria, filosofa e donna di medicina, scienziata e poetessa, umile e famosa in tutta Europa, anticonformista, instancabile organizzatrice e donna dalla salute fragilissima, aristocratica confidente di papa e imperatori e fiera sostenitrice della vicinanza al popolo. Ildegarda che nelle sue visoni incontrava Sophia, la sapienza divina femminile, e da essa ispirata diede forma ad una descrizione dell'universo, del mondo e dell'uomo pervase da un'armonia e una bellezza profonde. Ildegarda che seppe essere delicata, autorevole, concreta, accogliente, ispirata, coraggiosa e paziente.
Ildegarda di Bingen, anzi, santa Ildegarda di Bingen - il suo culto è ancora oggi assai vivo in Germania - monaca e badessa nel monastero femminile Benedettino, visse nel XII secolo, nell'epoca medioevale cui risalgono le grandi cattedrali gotiche, Chartres in primo luogo.




Nonostante nel medioevo vi sia una fioritura di fenomeni mistici e di monaci e monache visitati da visioni, furono in realtà rarissimi i casi in cui tali visioni vennero accreditate come veritiere e profetiche, come per Ildegarda. Fra i criteri importanti, allora come ora, l'assenza di narcisismo: Ildegarda non si auto-nomina profetessa e non pubblica il contenuto delle sue visioni fino ai suoi 45 anni, quando le giunge l'ordine esplicito di farlo. Sottopone alle autorità ecclesiastiche le sue parole e attende di essere esaminata dalla commissione nominata dal papa per questo. Ricevuto l'assenso, inizia a dettare pagine e pagine su ogni aspetto dello scibile, dall'astronomia alla medicina, dalla fisica alla teologia, dalla filosofia alla cristalloterapia. In ogni campo, emerge l'aspetto dinamico delle visoni, che le si presentano innanzitutto come immagini in movimento.
Le visioni la accompagnano fin da piccolissima. Come racconta lei stessa: "Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che la mia anima ne fu scossa, però, per la mia tenera età, non potei parlarne..."
Le visioni coincidono spesso con momenti di grande sofferenza fisica e psichica. Non sono momenti di estasi e tanto meno di trance: per ammissione sua e dei testimoni, durante la visione ella non perde mai il controllo, mantiene sempre il contatto con la realtà ed è pienamente consapevole, pur nelle sofferenze che accompagnano quelle singolari esperienze. Le sue visioni sono dunque un modo speciale di "vedere", un modo particolare di entrare in rapporto con la realtà, un modo diretto, capace di andare nel profondo, di intuire il vero, di cogliere nessi e relazioni, di immaginare possibilità e perciò a volte anche di prevedere vicende future. Ildegarda ormai anziana ne dà una lunga descrizione in una lettera a Gilberto di Gembloux:
"Fin dall'infanzia, quando ancora i miei nervi, le ossa e le vene non avevano raggiunto la pienezza della forza, e sino al tempo presente, ho sempre avuto nell'anima queste visioni, ed oggi ho più di settantadue anni; in queste visioni la mia anima, secondo il volere di Dio, ascende fino agli estremi del firmamento e segue le correnti dei diversi venti, e raggiunge genti diverse, anche lontane e sconosciute. E poiché nell'anima vedo tutte le cose in questo modo, nella mia visione soffro la mutevolezza delle nubi e degli altri elementi del creato. Queste cose non le percepisco con le orecchie esteriori, né le penso segretamente fra di me, né le apprendo mediante l'uso congiunto dei cinque sensi; posso dire soltanto che le vedo nell'anima, e che i miei occhi esteriori sono aperti, cosicché mai in esse ho subito il mancamento dell'estasi; io le vedo di giorno e di notte, ma sempre da sveglia. E sempre sono oppressa dalle infermità, e spesso soffro di così gravi dolori, che mi pare che minaccino di uccidermi; ma fino ad oggi Dio mi ha guarita. La luminosità che vedo non è racchiusa in un luogo, ma risplende più della nube che sta davanti al sole; non so distinguere in essa altezza, lunghezza e larghezza; ed essa per me ha nome 'Ombra del Vivo Splendore'. E come il sole, la luna e le stelle appaiono riflessi nell'acqua, così le scritture, i discorsi, le virtù e le opere degli uomini risplendono per me in essa. Tutto quello che vedo e apprendo nelle visioni lo conservo nella memoria per lungo tempo, cosicché ricordo quello che un tempo vidi; e vedo, ascolto e apprendo nello stesso istante, e quasi istantaneamente comprendo ciò che ho appreso; ma quello che non vedo non lo conosco, perché sono ignorante ed ho imparato a malapena a leggere. Le cose che scrivo delle visioni sono ciò che ho visto e udito; e non aggiungo altre parole oltre a quelle che sento e che riferisco in un latino imperfetto, come le ho udite nella visione; poiché nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi, e le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla bocca degli esseri umani, ma come fiamma che abbaglia o come una nube che vaga nella sfera dell'aria più pura. Di questa luminosità non posso conoscere la forma, non più di quanto si possa guardare direttamente la sfera del sole. Talvolta - ma non accade di frequente - vedo all'interno di questa luminosità un'altra luce, che chiamo 'Luce Vivente'. Non so dire quando e come io la veda; ma, allorché la vedo, si allontanano da me tristezza e dolori, e mi comporto allora con la semplicità di una fanciulla, e non come una donna ormai vecchia."
Fra le visioni, fin dalle prime le appare Sophia, sapienza divina, che le trasmette l'amore e il disegno del creato:
"E vidi come nel centro dell'aria australe un'immagine nel mistero di Dio bella e mirabile, di forma simile a quella umana, il cui volto era così bello e splendente, che è più facile fissare il sole che non quel volto... Così parlò l'immagine, che comprendiamo essere l'amore, che rivela il suo nome come vita di fuoco della sostanza divina..."
E le visioni sono accompagnate da una musica celestiale, che Ildegarda trascrive, componendo (lei che non ha alcuna cultura musicale) canti e musiche all'avanguardia nel panorama gregoriano dell'epoca (rigorosamente di compositori uomini) e che sono anche ai giorni nostri brani di notevole successo, realizzati dai più quotati cori e orchestre.


Fusione di testi, immagini e musiche qualcuno ha proposto di classificare le opere di Ildegarda come "multimediali".
Ildegarda ha utilizzato in modo potente lo strumento delle immagini, attingendo e riformulando il grande patrimonio dell'immaginazione medievale, che non era semplice frutto di fantasia ma era carica di significati e di valori. Le sue visioni sono infatti delle straordinarie figurazioni intellettuali e immaginifiche sviluppate sulla base dell'immaginario collettivo dell'epoca (poiché Dio le parlava dall'interno della sua cultura) nel quale erano attivi anche elementi naturalistici e astrologici ereditati dall'antichità precristiana. Le magnifiche miniature che raffigurano le sue visioni (quelle dello Scivias furono eseguite molto probabilmente sotto la sua guida diretta) sono immagini simboliche statiche; la santa vedeva invece immagini dinamiche.


Microcosmo e macrocosmo, uomo e mondo si corrispondono, animati dalla stessa forza vitale, la viriditas, il verdeggiante spirito, il soffio che dà vita. L'uomo "splendore di bellezza e di luce" è rappresentato come il nucleo centrale di un cosmo a cerchi concentrici, abbracciati da Dio uno e trino (rappresentato spesso nelle sue immagini come un cerchio di fiamme). Nell'uomo la testa corrisponde a sole, luna e stelle, il petto ai venti, l'addome alle acque e le gambe e i piedi alla terra. Il cosmo è in realtà l'uovo cosmico, immagine di fecondità di vita.


Uomo e universo sono composti allo stesso modo: aria, acqua, fuoco e terra ne sono gli elementi di base, la viriditas ne anima ogni cosa.
Diversamente dall'imperante disprezzo per il corpo della sua epoca, Ildegarda vi legge un aspetto essenziale del creato, portatore della possibilità di espressione del divino celeste. Ella ha la capacità di far coincidere aspetti spirituali e aspetti concreti tanto nelle sue opere quanto nel sua modalità unica di dirigere il suo monastero e di muoversi nel mondo del suo tempo. Come vedremo poco oltre, sapere ed esperienza non sono separabili per lei, così come nelle sue visioni le giunge contemporaneamente il 'sapere' sul mondo e l'esperienza' di tale sapere.
Armonia celeste e armonia musicale si corrispondono, nella visione di Ildegarda. Simphonia è un concetto chiave nell'universo spirituale di Ildegarda, che lo usa per indicare non solo l'armonia dei suoni creati dalle voci e dagli strumenti, ma anche l'armonia celeste e l'armonia intima dell'uomo. Secondo Ildegarda l'anima umana è simphonalis (sinfonica) e questa caratteristica si esprime, sia nell'accordo fra anima e corpo, sia nel far musica. La musica è celeste e terrestre insieme: essa evoca, almeno per un momento, la consonanza celeste che regnava in Paradiso prima del peccato originale, riproducendola nel giubilo delle voci e degli strumenti. Il primo uomo spontaneamente cantava, con voce simile a quella degli angeli.


- Inno alla forza della vita -

"... Io sono la suprema forza di fuoco che ho acceso tutte le scintille viventi, in nessuna cosa mortale ho posto il mio soffio, le distinguo nel loro essere, ed ho ordinato rettamente con le mie penne più alte - cioè con la sapienza che vola - il circolo che le circonda.  Io, vita di fuoco, fiammeggio sulla bellezza dei campi, risplendo nelle acque e ardo nel sole, nella luna e nelle stelle, e con l'aereo vento suscito tutte le cose, vivificandole con la vita invisibile, che tutte le sostiene.

Perché l'aria vive nella vegetazione e nei fiori, le acque scorrono come se vivessero, e il sole vive nella sua luce, e la luna, quando è quasi scomparsa, è riaccesa dalla luce del sole come per vivere di nuovo, e le stelle risplendono nel suo splendore come esseri viventi. Io ho posto le colonne che contengono tutto il globo terrestre e quei venti che hanno penne a loro sottomesse, cioè i venti più lievi, che con la loro levità fanno da sostegno ai più forti, affinché non si mostrino pericolosamente, come il corpo è a contatto dell'anima e la contiene, affinché non evapori. E come il soffio dell'anima tiene insieme con fermezza il corpo, affinché non muoia, così i venti più forti animano quelli a loro sottomessi, affinché essi possano svolgere debitamente il loro compito. Ed io, forza di fuoco, sono nascosta in essi, essi da me avvampano, come il respiro continuo dell'uomo, o come nel fuoco la fiamma che guizza.

Tutte queste cose sono vive nella loro essenza, non possono morire, perché io sono la vita. E sono anche la razionalità, col vento della parola che risuona, da cui ogni creatura è stata fatta, ed in tutte ho immesso il mio soffio, affinché nessuna nel proprio genere sia mortale, perché io sono la vita.

Sono la vita nella sua integrità, non quella che manca alle pietre, non quella che fa nascere le fronde dei rami, non quella che ha radice nella forza virile, ma io sono la radice di ogni vivente. La razionalità infatti è radice, la parola che risuona fiorisce in essa. E poiché Dio è razionale, come potrebbe non operare? Le sue opere giungono a perfetta fioritura nell'essere umano, che fece a sua immagine e somiglianza, ponendo in esso il segno di tutte le creature secondo la sua misura. Nell'eternità, da sempre, Dio volle fare l'essere umano, la sua opera, e quando ebbe fatto quest'opera le dette tutte le creature peché facesse le sue opere con esse, allo stesso modo in cui Dio aveva fatto la propria opera, l'essere umano. Ma sono io il suo ministro, perché tutte le cose vitali ricevono da me il loro ardore; sono la vita che permane uguale nell'eternità, che non ha avuto inizio e non avrà fine, e Dio è la vita stessa che si muove in opera, una sola vita in un triplice vigore. L'eternità è il Padre, il Verbo è il Figlio, e il soffio che li connette è chiamato Spirito Santo, e di ciò Dio ha posto il segno nell'uomo, in cui vi sono corpo, anima e razionalità." 




Estratto dall'articolo su Ildegarda di Bingen di Anna Pirera pubblicato nel sito www.ilcerchiodellaluna.it

Altre fonti:
- Mario Gargantini in Ildegarda di Bingen profetessa teutonica:
  http://web.tiscali.it/bertoldi/fede/san_ildegarda.html
- Francesca Santucci in Ildegarda di Bingen:
- Domenico Agasso in: http://www.santiebeati.it/Detailed/70550.html



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