- Il silenzio è una meditazione umana -
Un contributo del maestro Geshe Gedun Tharchin,
monaco tibetano con sede a Roma.
"Vorrei dire qualcosa sul tema della comunicazione attraverso il silenzio
basandomi sul pensiero buddhista, che costituisce il mio retroterra
culturale.
Durante il periodo di vita del Buddha storico vi sono stati numerosi momenti critici in cui egli rimase in silenzio. Quando egli era ancora il principe Siddharta ebbe quattro visioni, che lo colpirono profondamente, almeno in quel momento: una persona molto anziana, una persona che soffriva di una malattia, un corpo morto che veniva portato al luogo di cremazione e un asceta che camminava, pieno di pace, lungo la strada.
Davanti a questi eventi, l’eccitazione causata da tali visioni portò Siddharta ad uno stato di mancanza di parole. L’incontro con queste realtà per lui inusuali non gli causò agitazione. Egli rimase in silenzio, senza dare una risposta immediata agli interrogativi che gli si ponevano, ma piuttosto si prese del tempo per cercare il sentiero, la via di uscita per queste sofferenze proprie della vita umana, e per scoprire il segreto dell’asceta che aveva uno stato mentale così pacifico.
In silenzio egli rifletté a lungo sulle sue emozioni interne conflittuali. Egli era già una persona ben istruita in tutte le materie e le arti che un principe dell’epoca doveva conoscere. Alla fine, egli trovò una risposta alle sue domande, e decise di trovare il sentiero vero, il mezzo per liberarsi dalle sofferenze umane. In un primo momento, egli decise di seguire il sentiero dell’asceta, pensando che forse potesse essere la soluzione per lui stesso e anche per il resto dell’umanità, costituendo una risposta alle sofferenze della vita umana. Questo è il modo in cui Siddharta iniziò a seguire un sentiero spirituale tramite una riflessione in silenzio. Il messaggio che possiamo trarre da questi eventi è che lo spirito del silenzio rappresenta una grande energia persino allo stato iniziale di una ricerca interiore.
Siddharta intraprese una vita di solitudine, seguendo il sentiero spirituale; apprese la meditazione e la praticò insieme ad altri saggi. Divenne un grande yogi tra questi e divenne conosciuto con il nome di Goutama, cioè colui che ha fatto un enorme progresso nella meditazione. Come emerge da questo contesto, la solitudine, che implica anche il silenzio verbale, si configura come un fattore fondamentale per facilitare la concentrazione mentale. Il silenzio verbale fa evitare di chiacchierare e ciò fa sì che non si creino nuovi pensieri concettuali nella mente. Goutama raggiunse le supreme contemplazioni, i più alti stati di concentrazione che la mente umana potesse concepire. Ma Goutama non era soddisfatto di ciò che riuscì a conseguire. Comprese che la concentrazione da sola non risolveva tutte le sofferenze umane.
Goutama volle allora cercare qualcosa da solo e andò in un altro luogo e vi rimase sei anni sotto un albero seguendo un’alimentazione modesta, solo qualche seme ogni giorno. Egli intraprese dunque un sentiero di solitudine ancora più severa, in uno spirito di silenzio completo per meditare profondamente sulla ricerca di una verità su un eventuale sentiero per raggiungere la fine della sofferenza umana. Durante il ritiro di sei anni egli conseguì la realizzazione delle Quattro Nobili Verità: la verità della sofferenza, la verità delle cause della sofferenza, la verità della cessazione della sofferenza, la verità del sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. Questa potrebbe essere la fine della sua ricerca spirituale.
Egli voleva condividere il sentiero che aveva trovato con altri esseri umani. Si spostò in un altro luogo solitario sotto un albero con l’intento di meditare profondamente per raggiungere la piena illuminazione, il che gli avrebbe dato maggiore capacità di aiutare gli altri. Dopo averla conseguita divenne Goutama Buddha, generalmente detto Buddha. Dopo aver raggiunto la completa Illuminazione, rimase in silenzio per sette settimane, dal momento che non aveva trovato nessuna persona che potesse essere in grado di comprendere la verità che doveva essere predicata. Anche questo fu un momento critico per lui: restare in silenzio, non parlare se nessuno può comprendere il messaggio.
Storicamente il Buddha ha insegnato la sua dottrina per 45 anni in vari luoghi. Durante questo periodo, in diverse occasioni rimase in silenzio per molti motivi. Il silenzio era molto significativo per lui, in quanto egli lo reputava un modo per rispondere a determinate domande, per dare tempo agli altri di elaborare una riflessione personale, o ancora per insegnare la sua dottrina con mezzi diversi dal discorso, vale a dire tramite il suo potere mentale o tramite i suoi gesti fisici. Sarebbe molto complesso analizzare tutto ciò dettagliatamente. Per quanto concerne i casi dei Buddha meno realizzati, come i Buddha Solitari e i Buddha Ascoltatori, loro insegnano spesso la loro dottrina attraverso gesti fisici e attraverso la meditazione silenziosa. Soprattutto i Buddha Solitari, per non disturbare la loro meditazione, adottano sovente questi come soli mezzi di insegnamento.
Dopo aver compreso qual’è il significato del silenzio nel contesto culturale buddhista, possiamo vedere come il silenzio giochi un ruolo molto importante nella società umana, come possa avere un significato importante nella nostra vita e nel tempo che trascorriamo ogni giorno. Per risparmiare tempo e per conferire senso alla nostra esistenza, la pratica spirituale di restare in silenzio sarebbe veramente valida. Lo stare in silenzio ci conduce naturalmente ad uno stato di riflessione interiore e di consapevolezza, chiarezza e purezza mentale, che si ripercuote sulle nostre azioni verbali e fisiche rendendole più essenziali e maggiormente concentrate sui punti focali.
Il silenzio è un mezzo per purificare e pulire la nostra mente, come una tazza d’acqua mescolata a polvere lasciata immobile per un periodo di tempo; questa immobilità automaticamente fa sì che l’acqua diventi limpida, giacché la polvere resta sul fondo. Lo stesso accade con la mente umana, l’immobilità, la stabilità della mente fornisce delle risposte virtuose alla mente stessa ed da una mente virtuosa scaturiscono azioni verbali e fisiche virtuose. È un processo basato sulla legge naturale di causa ed effetto.
Inoltre la mancanza di spazio per riflettere, molto spesso conduce a fare discorsi ed azioni senza senso. Quindi dovremmo sforzarci di mantenere il silenzio, per consentire una migliore riflessione prima di intraprendere discorsi o azioni.
Il silenzio è una forma di meditazione, ma che non è stata insegnata da nessuno. È un dono proprio della natura umana, che serve per il benessere del genere umano, per una riflessione profonda, accompagnata da un ritmo di respiro lento e dal rilassamento del sistema nervoso. È una medicina innata e naturale per lo spirito umano ed un mezzo per arricchire le qualità umane. La sola cosa che dovremmo fare è realizzarne il grande valore ed esserne coscienti, preservandolo con comprensione.
Il silenzio è un mezzo per dare benessere al cuore umano ed è fonte di conoscenza e di profonda riflessione. È una meditazione umana, che dovrebbe essere eseguita durante tutta la vita, in quanto valore spirituale fondamentale per tutti gli stati di crescita spirituale, dal livello ordinario di valori morali fino alla piena illuminazione.
Ho affrontato il tema basandomi sulla mia cultura, ma questo non significa che altre culture non includano questo messaggio. Ho imparato che tutte le culture del mondo sono portatrici degli stessi messaggi, insegnati dalle loro genti. Oggi, secolo di scambi culturali e di società multietnica, dobbiamo rispettare e comprendere le altre culture e il loro valori per il beneficio dell’umanità. Dovremmo guardare la cultura mondiale come prodotto di tutta l’umanità, come un intangibile patrimonio umano, che deve essere preservato e trasmesso anche alle generazioni del futuro."
Durante il periodo di vita del Buddha storico vi sono stati numerosi momenti critici in cui egli rimase in silenzio. Quando egli era ancora il principe Siddharta ebbe quattro visioni, che lo colpirono profondamente, almeno in quel momento: una persona molto anziana, una persona che soffriva di una malattia, un corpo morto che veniva portato al luogo di cremazione e un asceta che camminava, pieno di pace, lungo la strada.
Davanti a questi eventi, l’eccitazione causata da tali visioni portò Siddharta ad uno stato di mancanza di parole. L’incontro con queste realtà per lui inusuali non gli causò agitazione. Egli rimase in silenzio, senza dare una risposta immediata agli interrogativi che gli si ponevano, ma piuttosto si prese del tempo per cercare il sentiero, la via di uscita per queste sofferenze proprie della vita umana, e per scoprire il segreto dell’asceta che aveva uno stato mentale così pacifico.
In silenzio egli rifletté a lungo sulle sue emozioni interne conflittuali. Egli era già una persona ben istruita in tutte le materie e le arti che un principe dell’epoca doveva conoscere. Alla fine, egli trovò una risposta alle sue domande, e decise di trovare il sentiero vero, il mezzo per liberarsi dalle sofferenze umane. In un primo momento, egli decise di seguire il sentiero dell’asceta, pensando che forse potesse essere la soluzione per lui stesso e anche per il resto dell’umanità, costituendo una risposta alle sofferenze della vita umana. Questo è il modo in cui Siddharta iniziò a seguire un sentiero spirituale tramite una riflessione in silenzio. Il messaggio che possiamo trarre da questi eventi è che lo spirito del silenzio rappresenta una grande energia persino allo stato iniziale di una ricerca interiore.
Siddharta intraprese una vita di solitudine, seguendo il sentiero spirituale; apprese la meditazione e la praticò insieme ad altri saggi. Divenne un grande yogi tra questi e divenne conosciuto con il nome di Goutama, cioè colui che ha fatto un enorme progresso nella meditazione. Come emerge da questo contesto, la solitudine, che implica anche il silenzio verbale, si configura come un fattore fondamentale per facilitare la concentrazione mentale. Il silenzio verbale fa evitare di chiacchierare e ciò fa sì che non si creino nuovi pensieri concettuali nella mente. Goutama raggiunse le supreme contemplazioni, i più alti stati di concentrazione che la mente umana potesse concepire. Ma Goutama non era soddisfatto di ciò che riuscì a conseguire. Comprese che la concentrazione da sola non risolveva tutte le sofferenze umane.
Goutama volle allora cercare qualcosa da solo e andò in un altro luogo e vi rimase sei anni sotto un albero seguendo un’alimentazione modesta, solo qualche seme ogni giorno. Egli intraprese dunque un sentiero di solitudine ancora più severa, in uno spirito di silenzio completo per meditare profondamente sulla ricerca di una verità su un eventuale sentiero per raggiungere la fine della sofferenza umana. Durante il ritiro di sei anni egli conseguì la realizzazione delle Quattro Nobili Verità: la verità della sofferenza, la verità delle cause della sofferenza, la verità della cessazione della sofferenza, la verità del sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. Questa potrebbe essere la fine della sua ricerca spirituale.
Egli voleva condividere il sentiero che aveva trovato con altri esseri umani. Si spostò in un altro luogo solitario sotto un albero con l’intento di meditare profondamente per raggiungere la piena illuminazione, il che gli avrebbe dato maggiore capacità di aiutare gli altri. Dopo averla conseguita divenne Goutama Buddha, generalmente detto Buddha. Dopo aver raggiunto la completa Illuminazione, rimase in silenzio per sette settimane, dal momento che non aveva trovato nessuna persona che potesse essere in grado di comprendere la verità che doveva essere predicata. Anche questo fu un momento critico per lui: restare in silenzio, non parlare se nessuno può comprendere il messaggio.
Storicamente il Buddha ha insegnato la sua dottrina per 45 anni in vari luoghi. Durante questo periodo, in diverse occasioni rimase in silenzio per molti motivi. Il silenzio era molto significativo per lui, in quanto egli lo reputava un modo per rispondere a determinate domande, per dare tempo agli altri di elaborare una riflessione personale, o ancora per insegnare la sua dottrina con mezzi diversi dal discorso, vale a dire tramite il suo potere mentale o tramite i suoi gesti fisici. Sarebbe molto complesso analizzare tutto ciò dettagliatamente. Per quanto concerne i casi dei Buddha meno realizzati, come i Buddha Solitari e i Buddha Ascoltatori, loro insegnano spesso la loro dottrina attraverso gesti fisici e attraverso la meditazione silenziosa. Soprattutto i Buddha Solitari, per non disturbare la loro meditazione, adottano sovente questi come soli mezzi di insegnamento.
Dopo aver compreso qual’è il significato del silenzio nel contesto culturale buddhista, possiamo vedere come il silenzio giochi un ruolo molto importante nella società umana, come possa avere un significato importante nella nostra vita e nel tempo che trascorriamo ogni giorno. Per risparmiare tempo e per conferire senso alla nostra esistenza, la pratica spirituale di restare in silenzio sarebbe veramente valida. Lo stare in silenzio ci conduce naturalmente ad uno stato di riflessione interiore e di consapevolezza, chiarezza e purezza mentale, che si ripercuote sulle nostre azioni verbali e fisiche rendendole più essenziali e maggiormente concentrate sui punti focali.
Il silenzio è un mezzo per purificare e pulire la nostra mente, come una tazza d’acqua mescolata a polvere lasciata immobile per un periodo di tempo; questa immobilità automaticamente fa sì che l’acqua diventi limpida, giacché la polvere resta sul fondo. Lo stesso accade con la mente umana, l’immobilità, la stabilità della mente fornisce delle risposte virtuose alla mente stessa ed da una mente virtuosa scaturiscono azioni verbali e fisiche virtuose. È un processo basato sulla legge naturale di causa ed effetto.
Inoltre la mancanza di spazio per riflettere, molto spesso conduce a fare discorsi ed azioni senza senso. Quindi dovremmo sforzarci di mantenere il silenzio, per consentire una migliore riflessione prima di intraprendere discorsi o azioni.
Il silenzio è una forma di meditazione, ma che non è stata insegnata da nessuno. È un dono proprio della natura umana, che serve per il benessere del genere umano, per una riflessione profonda, accompagnata da un ritmo di respiro lento e dal rilassamento del sistema nervoso. È una medicina innata e naturale per lo spirito umano ed un mezzo per arricchire le qualità umane. La sola cosa che dovremmo fare è realizzarne il grande valore ed esserne coscienti, preservandolo con comprensione.
Il silenzio è un mezzo per dare benessere al cuore umano ed è fonte di conoscenza e di profonda riflessione. È una meditazione umana, che dovrebbe essere eseguita durante tutta la vita, in quanto valore spirituale fondamentale per tutti gli stati di crescita spirituale, dal livello ordinario di valori morali fino alla piena illuminazione.
Ho affrontato il tema basandomi sulla mia cultura, ma questo non significa che altre culture non includano questo messaggio. Ho imparato che tutte le culture del mondo sono portatrici degli stessi messaggi, insegnati dalle loro genti. Oggi, secolo di scambi culturali e di società multietnica, dobbiamo rispettare e comprendere le altre culture e il loro valori per il beneficio dell’umanità. Dovremmo guardare la cultura mondiale come prodotto di tutta l’umanità, come un intangibile patrimonio umano, che deve essere preservato e trasmesso anche alle generazioni del futuro."
- Geshe Gedun Tharchin -
Roma - Aprile 8,
2008
Oggi, domenica 27 Novembre 2011, ho avuto l'onore di incontrare il Lama Geshe Gedun T. in occasione di un bellissimo incontro organizzato dall'Associazione-Centro Kimani, con la quale mensilmente faccio meditazione. Quest'uomo ha una luce, posso assicurarvelo, speciale, è una persona semplice e speciale come tutti i grandi maestri dovrebbero realmente essere!
Grazie Geshe del piccolo ma enorme insegnamento di vita che hai dato alla mia anima!
Riportando questo articolo spero di aver donato una brezza di benessere anche ad altri!!!
Desidero prossimamente trovare il tempo materiale per postare su questo blog anche la particolare Preghiera che ci ha donato al gruppo quest'oggi, includendo anche un altro pezzo di riflessione molto significativa presente in un suo libro... oltre ad un piccolo ma efficacissimo espediente per meditare in poco tempo tutti i giorni... davanti al caffé!
Un caro abbraccio a tutti i miei preziosi viandanti,
che la Grazia vi segua nei passi!
-Queen Mab-
Credits to:
Articolo riportato da Fabio Di Donna nel sito: www.nait.it
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