Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz

Il Sacro Graal, Arild Rosenkrantz
Nella divinità del mondo
troverò me stesso
in essa io riposo
risplende la divinità dell'anima mia
nel puro amore per tutti gli esseri,
risplende la divinità del mondo
nei puri raggi della luce.
-R.Steiner-

domenica 28 agosto 2011

Poesie - Il simbolismo visonario di Jules Laforgue!


Chi e' Jules Laforgue?


Jules Laforgue è un poeta simbolista della Belle Epoque che ci ha lasciato, nella sua vasta produzione letteraria, una mirabile opera il cui contenuto s'inserisce con piena attualità nella nostra società moderna, riproponendo antichi ed eterni spunti di riflessione.
Durante tutta la sua vita, Laforgue fu considerato dalla maggioranza un visionario, neppure ebbe l'appoggio degli altri artisti, in quanto, nonostante il romanticismo imperante, tutti erano ben lontani dal concepire l'immagine di una comunione cosmica tra l'Uomo e il Creato, da lui proposta e auspicata.
E' toccante vedere come in un mondo "globale" come quello di oggi sia più facile comprenderlo, forse dovuto al fatto che in questo new deal sono scomparsi i vecchi pregiudizi religiosi e scientifici e si sono aperti nuovi e piu' vasti orizzonti e oggi le stelle ci sembrano più vicine e più facenti parte dle nostro mondo.
Laforgue avrebbe dovuto vivere oggi, nella sua poesia si coglie infatti una visione attuale e moderna, in essa si sente tutta la ribellione di un uomo che vede considerare il suo presente legato ad una ipoteca del passato. Jules Laforgue si sarebbe sentito a suo agio fra la gioventù d'oggi. Quest'ultima avrebbe fatto della sua poesia, che vuole il presente solo una preparazione al domani, probabilmente una bandiera.
In effetti, ne "L'Impossibile", Laforgue lamenta di essere nato troppo presto e di non poter così vedere l'attuazione dei suoi sogni; ma noi sappiamo che essi sono ormai quasi realtà e quando la mano di un uomo stringerà quella di un abitante delle stelle in un atto di fratellanza cosmica, il pensiero di Jules Laforgue troverà il suo completamento.
Jules Laforgue nacque a Montevideo (Uruguay) da genitori francesi, il 16 agosto del 1860. Anni dopo egli si stabilì nella patria d'origine e iniziò i suoi studi presso il Liceo di Tarbes.
Nel 1879 la rivista "L'Enfer" pubblicò il suo primo poema conosciuto, "La Chanson des Morts", presentato come uno stralcio di un'opera più vasta, "Una Amour dans les Tombes", ma questa prima opera è firmata "Ouraphle". La firma di Jules Laforgue figurò per la prima volta nel 1881, quando sulla "Gazzette des Beaux Arts", pubblicata da Charles Ephrussi, apparve, salutato dallo stupore e dalla disapprovazionae dei timorati benpensanti del tempo, il "Sanglot de la Terre".
Grazie all'amicizia di Charles Ephrussi, il poeta ottenne la nomina a lettore dell'imperatrice Augusta di Prussia. Negli anni seguenti, Laforgue seguì la sovrana nei vari spostamenti della corte, ma trovò il tempo di scrivere a Ephrussi, esternandogli il timore di non essere riuscito ad esprimere nel "Sanglot de la Terre" il suo vero pensiero, ed il desiderio di pubblicare un altro poema in sostituzione di questo che egli ora giudicava un fallimento. Apparvero così nel 1885 "Les Complaintes", che, anziché essere la versione riveduta e corretta del "Sanglot de la terre", lo completavano, formando così una meravigliosa, unica espressione del genio di Laforgue. Nel dicembre dello stesso anno il poeta pubblicò "L'imitation de Notre-Dame la Lune", provocando l'attenzione della critica e attirandosi contro gli strali della derisione del pensiero conservatore.
Ma, finalmente, nel cielo plumbeo della vita di Laforgue, apparve un poco di azzurro: il suo matrimonio con Miss Leah Lec, la sua insegnante d'Inglese. Ma la parentesi di gioia durò poco; nel 1887, stroncato dalla tubercolosi contratta durante il viaggio di nozze a Londra, Jules Laforgue morì e Leah non tardò a seguirlo.
Ci sono rimaste le sue opere e soprattutto ci è rimasto il "Sanglot de la Terre", la raccolta delle sue poesie giovanili, che il suo amico Ephrussy evitò di distruggere e che ripubblicò per i posteri.
Jules Laforgue seppe indubbiamente esprimere e forgiare idee nuove per il suo tempo, addirittura rivoluzionarie. Idee che oggi siamo abituati a esprimere con naturalezza nel contesto delle scoperte scientifiche. Ma quando le espresse nelle sue poesie non c'era la presenza culturale necessaria ad ispirarlo. Furono solamente il suo intuito e la sua forza creativa sopperirono il buio del conformismo del suo secolo.
Nel leggere la sua prima raccolta di poesie, "Le Sanglot de la Terre", ci rendiamo conto immediatamente del tremendo dramma psicologico che quest'uomo viveva. Prigioniero del suo secolo, proiettato verso un futuro illuminato, sognava umanità sorelle sperdute nelle vaste regioni dell'universo, addolorato per la propria esistenza di mortale che non gli avrebbe consentito di vedere quel giorno lontano in cui esseri di altri mondi sarebbero giunti sulla Terra per aprire il grande dialogo fraterno.
Ma il suo rammarico non si limitava a questo. Il suo pensiero si soffermava su tanti altri aspetti di questa vita. La poesia di vita che esprimeva attraverso quanto scriveva era sempre rivolta alla chiara presa di coscienza di un uomo posto di fronte all'immenso e imperscrutabile meccanismo cosmico dell'esistenza delle cose.
Ne testimonia il suo stupore di fronte all'indifferenza dei suoi simili nei confronti del mistero della vita e la consapevolezza di essere solo uno sciocco romantico inutilmente abbandonato a rimirare le stelle.





- L'IMPOSSIBLE -
Je puis mourir ce soir ! Averses, vents, soleil
distribueront partout mon coeur, mes nerfs, mes moelles.
Tout sera dit pour moi ! Ni rêve, ni réveil.
Je n'aurai pas été la-bas, dans les étoiles!
En tous sens, je le sais, sur ces mondes lointains,
pèlerins comme nous des pâles solitudes,
dans la douceur des nuits tendant vers nous les mains,
des Humanités soeurs rêvent par multitudes !
Oui ! des frères partout ! (Je le sais, je le sais !)
Ils sont seuls comme nous.- Palpitants de tristesse,
la nuit, ils nous font signe ! Ah ! n'irons-nous, jamais?
on se consolerait dans la grande détresse !
Les astres, c'est certain, un jour s'aborderont !
Peut-être alors luira l'Aurore universelle
que nous chantent ces gueux qui vont, l'Idée au front !
ce sera contre Dieu la clameur fraternelle !
Hélas ! avant ces temps, averses, vents, soleil
auront au loin perdu mon coeur, mes nerfs, mes moelles
tout se fera sans moi ! Ni rêve, ni réveil !
Je n'aurai pas été dans les douces étoiles !




- FRAMMENTO DI PIERROT -

Il cuore bianco tatuato
di sentenze lunari.
Hanno: <<Fratelli, bisogna morire!>>
Come Evoé  per parola d'ordine.

Quando una vergine trapassa
seguono il suo corteo,
tenendo il collo ben dritto,
come si regge un bel cero.

Parte assai faticosa,
tanto più che non hanno nessuno
a casa che li frizioni con un unguento coniugale.
Quei dandy della Luna s'impongono, in effetti
di cantar <<Permettete?>> alla bionda ed alla bruna.


- LA PRIMA NOTTE -

Ecco scende la sera, dolce al vecchio lascivo.
Murr il mio gatto siede come araldica sfinge
contempla, inquieto, con la sua pupilla fantastica
viaggiare all'orizzonte la luna clorotica.

E' l'ora nella quale l'infante pregam dove Parigi-fogna
getta sul pavimento dei viali
le sue falene dai seni freddi che, sotto la luce spettrale
del gas, l'occhio che fiuta un maschio casuale.

Ma, presso il mio gatto Murr, sogno alla finestra.
Penso a bambini che ovunque, in questo istante, son nati.
Penso a tutti i morti sotterrati oggi.

E mi figuro d'essere in fondo al cimitero,
e entrando nelle bare, mi metto al posto
di quelli che qui passeranno la lo prima notte.




- ROSONE D'INVETRIATA -

Oh! Più che tra i fiori di bistro di Baudelaire,
più che negli autunnali ritornelli di Chopin,
più che in un rosso di Rembrandt che un giallo raggio sfolgora,
così adatti agli spleen sono soltanto i tramonti di Giugno.


 
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